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lunedì 8 dicembre 2008

Venezia con l'acqua alla gola / 2

Dall'isola cimiteriale di San Michele, dove attende il giudizio finale, Ezra Pound rivolge ai colpevoli di tanta poca considerazione verso il bene comune i suoi versi, perchè se ne facciano bandiera di pentimento: "Nulla abbiamo creato, nulla messo in ordine,/ nè case, nè scultura,/ e i nostri pensieri troppo a lungo pensati;/ Non maligna in sè la nostra opinione,/ Ma troppo a lungo opinata./ Portato acqua con un setaccio".



Dio non voglia che il livello di massima di questo lunedì nero, che tra l'altro ha colta in larga parte impreparati quanti si attendevano più precise notizie a tempo debito, non abbia a ripetersi. E soprattutto che l'ostinata cultura del No, sotto le false insegne dell'ideologia ecologista spinta fino a fanatismo settario, non continui a voltare le spalle alle esperienze compiute in tanti Paesi europei, e in altre provincie italiane, impedendo la risoluzione di problemi altrove felicemente risolti.



In provincie come le nostre, virtuose nella raccolta differenziata dei rifiuti urbani, che dispongono dell'impianto di Fusina, che conoscono la più che ventennale esperienza di Brescia, dove interi quartieri della città ricevono il beneficio dell'acqua calda dai termovalorizzatori, opporsi ancora a sistemi che trasformano i rifiuti in risorse per la comunità che li ha prodotti, significa non prevenire le crisi delle discariche. Con futuro grave danno all'ambiente, alle falde freatiche, alle risorgive.



Abbiamo ricevuto dalla genialità dei nostri predecessori una città come Venezia, incredibilmente sorta sul mare, piantando milioni di pali ricavati dalle foreste cadorine, per dare stabilità alle sabbie dei fondali, compiendo immensi sforzi per salvaguardare la città con l'ininterrotto governo delle acque: bonifiche, deviazioni dell'alveo dei fiumi, realizzazioni di canali come i tagli del Po, dell'Adige, del Sile. In tempi in cui le tecniche erano infinitamente inferiori alle attuali.



Se allora i vaganti contandini che andavano raccogliendo lo strame, pescando rane e anguille negli stagni, avessere risposto un NO a chi voleva espropriarli dei loro modesti ma essenziali diritti, non avremmo avuto Venezia. Ma i governanti di quei secoli sapevano valutare i grandi progetti, per il bene comune, e decidere di conseguenza. Se il Mose salverà Venezia potrà essere guardato come un'opera leonardesca, un monumento degno dei murazzi, che pure si oppongono alla natura e sono una fragile barriera all'Adriatico.


Il consenso delle volontà può far riuscire in ogni progetto, ma la buona fede di chi si oppone non può mai fare aggio sul vantaggio che la comunità intera si aspetta da un'iniziativa. Uno dei guai grossi di Venezia è la scarsa capacità decisionale, così lontana da quella caratteristica fermezza che fu della politica dogale. Una città nata in aperto contrasto con la natura, e in affermazione di quanto possa la cultura umana, con l'uso sapiente delle risorse dell'intelligenza, non tollera indugi per la sua tutela. Affidarsi al Redentore e all'ausilio salutare di Maria sono beni assoluti, ma tirando da questa fede il coraggio per le scelte. Non pretendendo di abbandonare nelle loro Mani di Grazia le inerzie degli irresponsabili.

di: Ulderico Bernardi
da: Il Gazzettino, quotidiano del Norest, martedì 2 dicembre 2008, che sentitamente ringrazio.

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