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Sanremo incorona Roberto Vecchioni
e i cantautori battono i “talent” 4-1
Secondi i Modà con Emma, davanti ad Al Bano. Funziona la cinquina dei conduttori dell'edizione “rossa” del festival
di Simona Orlando
SANREMO - A sbancare è il professor Vecchioni. Quello che insegna “forme di poesie in musica” all’università di Pavia, che si tiene lontano dai clamori e si è fatto trascinare in gara solo per l’amicizia che lo lega a Morandi. Era convinto del suo testo prima che della sua presenza, e non se l’aspettava proprio, questa accoglienza. “Le idee sono come il sorriso di Dio in questo sputo di universo” scrive e sbaraglia tutti, ritirando anche il premio della critica Mia Martini.
All’annuncio di essere nella terna trionfale aveva presentato così “Chiamami ancora amore”: «Martedì, quando sono salito sul palco per la prima volta, una persona cara mi ha detto: “Ti ho guardato, sembravi così piccolo e ho pensato: è tutto solo. Adesso è solo davanti a tutta questa gente, e chissà se lo capiranno”. Oggi io rispondo: “Non sono mai stato solo, ho sempre avuto un filo tenuto con te, Amore mio”».
Emma e Modà cantavano “Arriverà” e in effetti sono arrivati sul podio, al secondo posto. Prevedibile se in gara c’è l’idolo dei giovani televotanti e la band che spopola in radio (le coppie qui hanno sempre funzionato) con un brano perfetto per l’occasione, in salita vocale, gradevole mille volte di più rispetto agli scorsi defilippiani Valerio Scanu e Marco Carta. Come spiegarsi il podio di Al Bano?
Eppure il dato più interessante di questa edizione era l’incremento del popolo giovanile.
Comunque un numero di prestidigitazione c’è stato. In questa partita rivoluzionaria Cantautorato batte Talent 4 a 1. Il dato interessante è infatti gli italiani hanno premiato il bel brano dei La Crus, Madonia-Battiato, Van De Sfroos, il jazzista Raphael Gualazzi, che dopo aver vinto nella categoria giovani e il premio della critica, è stato scelto per rappresentare l’Italia all’Eurosong di Dusseldorf.
La serata finale va, lunga ma liscia. Le iene stavolta dedicano la loro canzone alla squadra (l’argentina «una scienziata in confronto a Corona», la sarda «niente Robert De Niro al prossimo giro»), omaggiano Cochi e Renato con “Finché c’è la salute” e baciano in bocca Morandi. Poi Sanremo diventa Arcore, con relazioni internazionali imbarazzanti, ragazze che fanno balletti sexy, chi gioca al Casinò (Fede) e il presidente Piergianni, ma non risparmiano la satira alla sinistra, al qualunquismo, all’opposizione («come premier sì Bersani, Samuele però»).
La Rodriguez ha cantato “Two” (dal vivo) accompagnata dal padre alla chitarra, la Canalis si è dimenata in un ballo discinto non proprio a tempo, Avril Lavigne ha fatto un’apparizione promozionale in “What the hell”, il pilota Fernando Alonso si è unito al trend tricolore («La Ferrari quest’anno corre con la bandiera italiana, quindi abbiamo l’obbligo di vincere»), Massimo Ranieri ha cantato con le iene “Reginella” e “Ma se ghe pensu”, in una stretta di cuore fra Napoli e Genova, poi con il Gianni nazionale, a rilustrare brani del passato (“La fisarmonica”, “Questo amore è splendido”, “Se bruciasse la città”, “Erba di casa mia”) e a ricollocare il grande escluso di giovedì scorso Domenico Modugno.
La cinquina d’oro ha funzionato. Luca & Paolo divertenti, coraggiosi, affiatatissimi fratellini d’Italia, Belèn e la Canalis pian piano più proponibili e disposte a incassare col sorriso gli sfottò dei colleghi (ma la prima è più spigliata e c’è da scommettere che le daranno presto una conduzione), Morandi, gran Capitano, fibra da maratoneta, spontaneo, allenatore che ha ripetuto «Stiamo uniti» finché non è successo davvero.
E’ stata l’edizione “rossa” del Festival (laddove rosso non è comunista, ma tutto ciò che esula dal colore dominante), con l’eterno ragazzo che canta “Al bar Casablanca” di Gaber e vuole “Bella Ciao” all’Ariston, Luca & Paolo che leggono Gramsci e alzano il pugno, la presenza dei cantautori impegnati e la loro conquista del pubblico (ottimo il risultato di Luca Madonia-Franco Battiato e La Crus), Benigni che incita l’Italia a svegliarsi, il presidente Rai Garimberti che si augura che il vento cambi e che questo risveglio non sia passeggero. Tutti a conquistar la rossa primavera, dove sorge il sol dell’avvenir. In realtà un festival che semplicemente rivendica l’autonomia del singolo, non è a favore di qualcuno, ma contro molti. “Questa maledetta notte dovrà ben finire”.
Il momento peggiore: il mito De Niro inchiodato su una sedia a parlare di “Manuale d’amore 3”. Il momento più alto: Benigni che canta, da solo, l’inno di Mameli. E’ complicato concentrarsi sotto l’occhio di milioni di persone, stare dentro la macchina televisiva, astrarsene per trovare un punto di verità, e riuscire a comunicarla appieno. Una funambolica meraviglia.
Domenica 20 Febbraio 2011 - 01:07 Ultimo aggiornamento: 01:19
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sanremo, festival, roberto vecchioni
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