Deciso, concreto e determinato. E' unanime il giudizio della stampa internazionale su Sergio Marchionne, il manager italo-canadese, l'uomo del rilancio Fiat, che ha fatto breccia anche in America ed è il protagonista dell'accordo con la Chrysler.
Cinquantacinque anni, abruzzese di Chieti, Marchionne emigra da bambino con la famiglia in Canada, dove si laurea in Giurisprudenza, Economia e Filosofia (una quarta laurea in Ingegneria Gestionale gli viene assegnata ad honorem nel 2008 dal Politecnico di Torino). Consegue un Mba alla University of Windsor del Canada e dal 1985 è dottore commercialista, mentre dal 1987 è procuratore legale e avvocato nella regione dell'Ontario.
Sposato, due figli, casa a Ginevra in Svizzera, arriva a Torino nel 2004, subito dopo la morte di Umberto Agnelli, e prende il posto di Giuseppe Morchio come amministratore delegato. Della società torinese è già consigliere di amministrazione ed è alla guida della Sgs di Ginevra, che fa parte dell'impero Agnelli.
La Fiat d cui assume le redini è in piena crisi e tocca a Marchionne, che gode di grande stima negli ambienti finanziari internazionali, il compito di risanare i conti. I risultati che ottiene parlano da soli: nel giro di tre anni porta la casa torinese a chiudere il 2007 con l'utile record nella storia del gruppo. Ma la prima partita importante della sua carriera torinese la gioca proprio in America, dove riesce a mettere la parola fine all'alleanza con la Genera Motors di Richard Wagoner.
Rinnova i modelli e lega il suo nome al grande successo della nuova Fiat 500, crea un team giovane, i Marchionne boys, con cui ha rapporti solidi e condivide gli entusiasmi, per vincere insieme la sfida del rilancio. Il supermanager casual in pullover blu, riservato e per nula amante dei salotti e dei ristoranti alla moda, conquista Torino nonostante i suoi modi siano fuori dell'etichetta della torinesità e nel 2007 viene eletto cittadino dell'anno.
Ama lo scopone scientifico e i concerti e, nelle riunioni con gli analisti finanziari, usa brani di cd della sua collezione privata. Come colonna sonora sceglie l'artista afro-americano Bobby McFerrin e la sua canzone "Don't worry, be happy".
da: Il Gazzettino, venerdì 1 maggio 2009, che distintamente ringrazio
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